La Rete delle Macchine a spalla- La Macchina di Santa Rosa di Viterbo

 

 

Si tratta di processioni cattoliche che prevedono la presenza di strutture da portare a spalla, diffuse in gran parte dell’Italia, ma i centri storici in cui si svolgono le manifestazioni più importanti sono quattro: Nola, con una processione di otto obelischi di legno e cartapesta che commemorano il ritorno di San Paolino; Palmi, dove i portatori trasportano una complessa struttura in onore di Nostra Signora della Sacra Lettera; la Faradda dei Candelieri di legno di Sassari , nel Lazio, la Macchina di Santa Rosa a Viterbo.

Le feste religiose in cui si trasportano le grandi macchine a spalla italiane, sono state riconosciute parte del Patrimonio immateriale dell’umanità dell’UNESCO dal 2013. Il riconoscimento è stato conseguito a Baku in Azerbaijan, nell’ambito dell’VIII Comitato intergovernativo.

La processione che vede protagonista la Macchina di Santa Rosa, in particolare, consiste nella rievocazione storica che si svolge a Viterbo la sera del 3 settembre, attraverso il trasporto a spalla di un imponente scultura alta 30 metri, che vuole ricordare la traslazione delle spoglie della Santa protettrice della città dalla chiesa di Santa Maria in Poggio (detta della Crocetta), alla chiesa di Santa Maria delle Rose, avvenuta per disposizione di Papa Alessandro IV.

Oggetto della devozione non è il monumentale baldacchino, la Macchina viene rinnovata ogni cinque anni, attraverso un pubblico appalto curato dal comune di Viterbo, ma l’evento di cui è protagonista la comunità, attraverso il lavoro collettivo dei costruttori, dei facchini, onorato dalla cittadinanza  e oggi apprezzato anche da un ampio numero di turisti.

il bando di gara prevede la costruzione di una struttura «alta 28 metri sopra la spalla dei facchini» circa 29,50 metri da terra, e fissa alcune misure limite, anche in base alle vie del centro storico, che nei punti più stretti la vedono sfiorare grondaie e balconi.

Le origini della Macchina risalgono agli anni successivi al 1258, quando, per ricordare la traslazione del corpo di Santa Rosa da Viterbo, si volle ripetere quella processione trasportando un’immagine o una statua della Santa illuminata su un baldacchino, che assunse nei secoli dimensioni sempre più colossali.

A partire dalla seconda metà del Novecento, con la realizzazione dello straordinario Volo d’angeli costruito da Giuseppe e Luigi Zucchi e trasportato per 15 anni, sono subentrate forme più moderne o avveniristiche, come per Ali di Luce, realizzata per il periodo 2003-2008 dal progettista Raffaele Ascenzi (lui stesso facchino di Santa Rosa dal 1988 al 2008) e dal costruttore Contaldo Cesarini, impiegando materiali altamente tecnologici, fibre, leghe leggere, e sorgenti luminose diverse, che valorizzano le forme artistiche dei rivestimenti in cartapesta. Parte di questa macchina è oggi visibile al Museo nazionale delle Arti e Tradizioni popolari di Roma.

Oggi la Macchina di Santa Rosa si è decisamente allontanata dalla tradizione, e appare come una torre illuminata da fiaccole e luci elettriche, realizzata in metalli leggeri e in materiali moderni quali la vetroresina, alta circa trenta metri e pesante cinque tonnellate. La sera del 3 settembre di ogni anno, a Viterbo, la macchina viene sollevata e portata in processione a spalle da un centinaio di uomini detti “Facchini di Santa Rosa” lungo un percorso di poco più di un chilometro articolato tra le vie, talvolta molto strette, e le piazze del centro cittadino. Durante il trasporto, che comincia alle ore 21 e al quale assistono decine di migliaia di persone, le vie interessate vengono oscurate per farne risaltare l’illuminazione interna.

Le memorie dell’antica processione sono state raccolte nel  Museo del Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa.

 

https://www.unesco.beniculturali.it/projects/rete-delle-feste-delle-grandi-macchine-a-spalla/

 

Le macchine a spalla diventano Patrimonio Immateriale