Convenzione per la protezione del patrimonio culturale subacqueo

 

Il patrimonio culturale  sommerso è parte integrante  del patrimonio culturale dell’Umanità e in quanto tale è meritevole di tutela.

La tutela del patrimonio culturale subacqueo  è esercitata in conformità degli stessi principi generali previsti per il patrimonio archeologico nel sottosuolo e nei fondali marini (art. 91 del Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Tali principi sono ribaditi nella Convenzione per la Protezione del Patrimonio Subacqueo adottata a Parigi il 2 novembre 2001 dalla Conferenza Generale degli Stati membri dell’UNESCO e richiamata nell’art. 94 del Codice dei beni culturali allo scopo di tutelare al meglio il patrimonio sommerso. Lo scorso 9 dicembre 2021 si è peraltro celebrato il ventennale della Convenzione UNESCO del 2001, promosso dal Ministero della Cultura e ufficialmente sostenuto dal Segretariato UNESCO della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale subacqueo.

Questa Convenzione specifica per la salvaguardia del patrimonio sottomarino è venuta a colmare il vuoto giuridico lasciato dalla Convenzione sul diritto del mare, nota come Convenzione di Montego Bay adottata dalle Nazioni Unite nel 1982 al fine di garantire la protezione e la conservazione del il mare patrimonio sottomarino.

La Convenzione UNESCO per la protezione del patrimonio culturale sommerso rappresenta un notevole avanzamento nel percorso di riconoscimento e tutela di questo patrimonio che giace sui fondali marini rispetto ai principi di protezione delineati nella Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare. L’Italia ha svolto un ruolo significativo nella stesura della Convenzione, che ha poi ratificato nel 2010, grazie anche al contributo dato allo sviluppo della moderna archeologia subacquea nella seconda metà del XX secolo sin dagli studi e dalle ricerche pionieristiche dell’archeologo Nino Lamboglia.

Il testo del trattato si compone di un Preambolo, 35 articoli e un Allegato, in cui sono riportate nel dettaglio le attività dirette alla tutela del patrimonio, dall’attività di ricerca alla qualificazione dei professionisti del settore (archeologi subacquei e navali, geoarcheologi, restauratori, fotografi e videoperatori) alle metodologie di gestione e salvaguardia dei siti con particolare riguardo per la conservazione in situ del patrimonio subacqueo (cioè l’attuale collocazione sul fondale) rispetto ad altri tipi di interventi di tutela, al fine di prevenire o inibire gli effetti dei processi di deterioramento dei manufatti sommersi.

In base all’art. 1 della Convenzione, per “patrimonio culturale subacqueo” si intendono tutte le tracce di esistenza umana, che presentano un carattere culturale, storico o archeologico e che sono sommerse, parzialmente o totalmente, periodicamente in permanenza, da almeno 100 anni, in particolare:

  • I siti, le strutture, gli edifici, gli oggetti e i resti umani, nonché il loro contesto archeologico e naturale;
  • Le navi, gli aeromobili, gli altri veicoli o qualunque parte degli stessi, con il loro carico o altro contenuto, nonché il loro contesto archeologico e naturale;
  • Gli oggetti o reperti di età preistorica.

 

Molti ordinamenti nazionali non proteggono in modo adeguato questo patrimonio, e i relitti e le rovine situate in acque internazionali sono ancora più indifesi. Il patrimonio subacqueo risulta, peraltro, quantificato e catalogato in misura minore rispetto ai patrimoni terrestri, soprattutto a causa della difficoltà di applicare una normativa specifica e della presenza di fattori esterni che ne minacciano continuamente l’esistenza, quali lo sfruttamento delle risorse marine e speculazione economica, la pesca intensiva e fenomeni climatici esterni, oltre alla crescente attività di saccheggio e sciacallaggio.

La Convenzione UNESCO del 2001 stabilisce standard comuni non solo per la protezione del patrimonio sommerso per evitare che venga saccheggiato o distrutto, ma anche per la sua conoscenza e valorizzazione, con la possibilità di attivare specifiche forme di collaborazione tra il MIC e altri dicasteri competenti nel quadro normativo per la pianificazione dello spazio marittimo, che prevede la redazione di specifici piani di gestione per ogni settore. Resta inteso, però,  che la Convenzione per la protezione del patrimonio culturale subacqueo non regola direttamente la delicata questione della proprietà degli oggetti di interesse storico-artistico tra i vari stati coinvolti.

Autentico “Braccio operativo” della Convenzione per la protezione del patrimonio subacqueo, nonché consulente della Conferenza è il Consiglio tecnico-scientifico, composto da 12 membri (archeologi subacquei) eletti tra i delegati degli Stati parte.