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Roma, Rione Ludovisi: vincolato lo storico Albergo degli Ambasciatori in Via Veneto

hotel_ambasciatori

 

 

Non solo Ville, chiese , pievi o  palazzi storici. Anche le sedi di esercizi commerciali storici come ristoranti o alberghi possono rivestire un notevole interesse culturale. E’ il caso dell’Albergo Grand Hotel Palace in Via Veneto, in passato noto come Hotel Ambasciatori. Inconfondibile nel profilo curvilineo della sua facciata bicroma in travertino e pietra e con le sue finiture in bronzo in stile Liberty.

Nessuno sospetterebbe mai che all’interno del salone del ristorante del raffinato resort romano, si trova l’ultimo ciclo di affreschi della pittura moderna.

In un’atmosfera sospesa, quasi da realismo magico, è rappresentata una festa mondana della dolce vita romana, in cui il silenzio in verità sembra essere il vero protagonista. Lo stesso autore dei dipinti, il pittore veneto Guido Cadorin si raffigura tra gli invitati come osservatore muto e attento, mentre firma la sua opera.

Con recente Decreto n. 91/2023 della Commissione Regionale per il patrimonio culturale del Lazio, il Grand Hotel Palace è stato dichiarato di interesse culturale particolarmente importante ai sensi dell’art. 10 comma 3 lett. a e d del Codice dei beni culturali, su proposta di tutela della Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma e all’esito di una procedura avviata in occasione di un intervento conservativo sullo storico immobile. Inaugurato il 16 febbraio 1927, il Grand Hotel Palace era il luogo privilegiato per accogliere il jet-set internazionale di passaggio nella capitale.

Si ritiene che il palazzo rivesta un rilevante valore non solo per la sua architettura esempio di Modernismo romano, offrendo nel contempo anche un’ interessante pagina di storia e di costume del tempo. In particolare, gli affreschi, eseguiti dal maestro Guido Cadorin tra il 1926 e il 1927, rappresentano un’opera unica nel suo genere, non solo significativa testimonianza della grande stagione decorativa murale italiana tra le due guerre, ma anche ritratto vivido di un’intensa stagione culturale.

Con incredibile originalità, Cadorin realizza una quadratura illusionistica a metà tra Barocco e moderno stile Liberty, prolungando con balconi e portici di colonne tortili di berniniana memoria lo spazio della festa.  A parte la decorazione ad affresco del Vittoriale, frutto della sua amicizia con lo scrittore D’Annunzio, i dipinti del salone del Grand Hotel Palace costituiscono la sua unica opera di pittura laica, in cui il pittore si presenta come il discendente della grande tradizione veneta di Veronese e Tiepolo.

 

Oltre ad essere un bravo frescante, Cadorin dà prova anche delle sue doti di abile ritrattista, evidenti non solo nella fedeltà fisionomica dei volti ma anche nel riuscito gioco di sguardi, rappresentandovi a grandezza naturale alcune delle personalità più importanti del ventennio fascista, dal proprietario dell’albergo e committente degli affreschi, Gino Clerici a Marcello Piacentini, architetto del palazzo con la sua famiglia e all’arch. Giò Ponti che si affaccia con sorriso ironico da una colonna; dal pittore Felice Carena con la moglie all’arch. Melchiorre Bega, che fu anche quello che scelse Cadorin quale decoratore dell’albergo. Vi si riconosce anche il critico d’arte Margerita Sarfatti, che volle essere raffigurata in extremis insieme alla figlia Fiammetta, perché desiderava “passare all’immortalità”.

 

Il capolavoro dimenticato di Cadorin rappresentò tuttavia il canto del cigno nella carriera dell’artista. Quattro mesi dopo l’inaugurazione, infatti,  i dipinti furono coperti dalla Direzione dell’albergo senza un apparente motivo per essere scoperti solo in seguito, nel dopoguerra e a nulla, valsero gli appelli del pittore nel 1965 al Direttore de “L’Espresso” , Eugenio Scalfari per chiedere giustizia. Soltanto negli anni ’80 gli affreschi sono stati restaurati e resi di nuovo fruibili per il pubblico.

Oltre alle decorazioni e agli arredi della “Sala Cadorin”, altre parti degli interni dell’Albergo hanno conservato i caratteri di pregio originari, come la hall d’ingresso con la cancellata disegnata da Piacentini, la cornice della porta principale decorata in marmo e bronzo con figure e la soprastante lunetta, le inferriate alle finestre con particolari in ottone finemente lavorato, l’epigrafe con i nomi degli architetti nonché il controsoffitto in ferro e specchio dello scalone principale.

Negli ultimi anni la Commissione regionale per il patrimonio culturale del Lazio ha riconosciuto l’interesse culturale anche di altri importanti edifici con destinazione alberghiera, tra cui l’Albergo Mediterraneo di Roma nel rione Castro Pretorio (Decreto n. 49/2019), progettato nel 1936 dall’arch. Mario Loreti per l’ E42. Un altro esempio di architettura razionalista con decorazioni di gusto Art-Decò al suo interno, che si va ad affiancare allo storico Hotel di Via Veneto.