Convenzione dell’Aja (1954)

 

 

Il patrimonio culturale , nelle sue diverse forme e espressioni, rappresenta l’identità e la memoria storica di popoli e delle loro civiltà millenarie ed esprimono al contempo valori universalmente riconosciuti.

Non a caso, già a partire dal II dopoguerra, numerose convenzioni sono state adottate al livello delle Nazioni Unite e in particolare, l’UNESCO, nella consapevolezza che i beni culturali non rappresentano soltanto patrimonio del paese e degli abitanti che lo detengono per circostanze legate alla storia e ai suoi avvenimenti, ma all’umanità intera.

In occasione delle tragiche circostanze che possono accadere in ogni Paese, occorre stabilire  delle regole comuni finalizzate a salvaguardare il patrimonio culturale soggetto a devastazioni, distruzioni e saccheggi durante un conflitto armato. A questo scopo, nel 1954, è stata stipulata nella città dell’ Aja la Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, ispirata ai principi stabiliti nelle Convenzioni del 1899 e del 1907 e nel patto di Washington del 15 aprile 1935. La Convenzione, ratificata nel 1958 in Italia, disciplina la salvaguardia dei beni culturali degli Stati parti in caso di conflitto armato.

L’importanza di individuare i beni culturali in aree di crisi risulta confermata dall’art. 11 della Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale del 1972, che prevede la redazione di un “elenco del patrimonio mondiale in pericolo”, in cui possono essere iscritti solo quei beni del patrimonio culturale e naturale minacciati da gravi e precisi pericoli, come un conflitto armato o minaccia di tale conflitto, oltre che da calamità e cataclismi di varia natura.

La Convenzione dell’Aja del 1954:

  • impone ai paesi membri di astenersi dall’utilizzazione dei beni culturali per scopi che potrebbero esporli a distruzione o a deterioramento in caso di conflitto armato e a da ogni atto di ostilità, vandalismo ai danni del patrimonio;
  • In caso di occupazione totale o parziale del territorio di altri Stati membri impone l’appoggio delle autorità nazionali competenti per l’adozione dei necessari provvedimenti e misure conservative;
  • Istituisce altresì un regime di “protezione speciale”, individuando un numero limitato di rifugi e depositi destinati a proteggere i beni culturali mobili in caso di conflitto armato. Tali beni sono considerati immuni da ogni atto di ostilità e uso militare, salvo il caso di violazione degli impegni da parte del paese membro.

 

Considerata la complessità di attuazione della Convenzione, il testo è stato seguito da due protocolli aggiuntivi del 14 maggio 1954 e il 26 marzo 1999, volti a integrarne i contenuti e specificarne le modalità operative per la gestione dei beni culturali ricadenti su territori occupati durante un conflitto armato. Nei successivi protocolli, oltre alla tutela dei beni culturali durante una guerra, vengono fornite anche indicazioni sulla messa in sicurezza degli stessi in tempo di pace. Il primo protocollo tratta e regolamenta il trasferimento illecito dei beni mobili in tempo di conflitto e la restituzione dei beni culturali illecitamente esportati. Il secondo protocollo del 1999, ratificato in Italia con L. n. 45/2009, introdusse il concetto di “protezione rafforzata” dei beni culturali, che deve soddisfare uno dei seguenti criteri:

  • Si tratta di un patrimonio culturale che riveste una grande importanza per l’umanità;
  • I beni culturali interessati sono protetti da misure interne, giuridiche e amministrative adeguate che ne riconoscono il valore culturale e storico eccezionale;
  • non sono utilizzati per scopi militari.

Alla Convenzione UNESCO del 1954 opportunamente integrata dai due protocolli si sono aggiunte, a seguito delle drammatiche vicende degli ultimi decenni, altre iniziative e misure normative internazionali, in particolare in difesa dei territori colpiti dal terrorismo e dall’ISIS. Il Consiglio esecutivo dell’UNESCO, sulla base della risoluzione 2199 (adottata il 12/02/2015) del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato nella seduta del 21/04/2015, una risoluzione, sottoscritta da vari paesi tra cui l’Italia, sul ruolo della cultura nelle aree di crisi e per l’introduzione del concetto di zone culturali protette intorno ai siti iscritti nella lista del Patrimonio Mondiale. Analogamente, si è espresso il Parlamento europeo con la risoluzione del 30 aprile 2015 sulla distruzione dei siti culturali ad opera dell’ISIS/Daesh.

Numerosi appelli  per la salvaguardia del patrimonio culturale in aree di crisi internazionale hanno spinto il Governo italiano a farsi promotore dell’ istituzione dei Caschi blu della Cultura, nell’ambito dell’ iniziativa United4Heritage, voluta dal precedente Direttore Generale dell’UNESCO, Irina Bokova. Il 16 febbraio 2016 è stato quindi firmato il Memorandum of Understanding tra Italia e UNESCO per la costituzione di una Task Force italiana, formata da esperti e funzionari dell’ attuale Ministero della Cultura (storici dell’arte, restauratori e studiosi) e dai carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale, pronta a intervenire in aree colpite da emergenze.

La Task Force, impiegata non solo per missioni di pace e attività pre/post conflitto (missione “Inherent Resolve – Prima Parthica”) ma anche in caso di calamità naturali come nelle aree dell’Italia centrale e Ischia colpite dai recenti eventi sismici, provvede ad affiancare il personale locale nelle attività di tutela e messa in sicurezza del patrimonio culturale; ha specifici compiti di censimento e catalogazione; fornisce supporto nell’addestramento delle forze di polizia locali e degli enti preposti alla tutela del patrimonio culturale nonché nel contrasto a scavi clandestini e al traffico illecito di beni culturali.

L’accordo del 16 febbraio 2016 suggella un percorso cominciato in occasione dell’ Expo del 1 agosto 2015, dove oltre 80 ministri della Cultura siglarono la Dichiarazione di Milano per la difesa dei beni culturali minacciati dalla distruzione. La Task Force italiana “Unite4Heritage” è un importante passo in avanti di un lungo cammino intrapreso dall’Italia nella missione sovranazionale di tutela della Civiltà ed è una delle migliori risposte che si possono dare ai responsabili dei crimini contro l’umanità.