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Roma. Vincolato l’ antico Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina

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Dipinti di Corrado Giacquinto e Giovanni Paolo Schor, sontuosi altari e crocifissi lignei: sono solo alcune delle opere di rilevante pregio attualmente conservate nella Chiesa di S. Giovanni Calibita, primo nucleo storico dell’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina. 

Con Decreto n. 26/2023 della Commissione Regionale per il patrimonio culturale del Lazio, lo storico complesso ospedaliero insieme all’annessa chiesa, all’antica Farmacia e ai beni mobili storico-artistici e alle emergenze archeologiche in esso contenuti, è stato dichiarato di interesse culturale particolarmente importante, a seguito di una recente proposta di tutela della Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma approvata nella seduta della Commissione regionale dello scorso febbraio. Considerata la vasta facies storica del complesso monumentale, la procedura avviata su istanza di parte ha richiesto una complessa istruttoria e valutazione olistica in ordine ai tre distinti livelli di tutela architettonica, storico-artistica e archeologica. 

     G. Vasi, Chiesa e Ospedale di S. Giovanni di Dio, acquaforte, fine XVIII sec.

Il complesso architettonico dell’ospedale “S. Giovanni Calibita Fatebenefratelli” occupa la parte nordoccidentale dell’Isola Tiberina, luogo emblematico per la storia della città, cruciale per l’attraversamento del fiume, nonché punto di collegamento – in età antica – tra la sponda latina e quella etrusca e successivamente tra la città cristiana ed il primo quartiere ebraico. 

Una reale frequentazione dell’isola  è documentata almeno dal III secolo a.C. quando è meta di pellegrinaggio per le guarigioni, per la presenza di un luogo di culto dedicato al dio Esculapio, eretto a seguito di un episodio leggendario legato a un ‘epidemia di peste che colpì Roma, intorno al 293 a.C. 

Il complesso architettonico è strettamente legato alla storia dei frati ospedalieri di S. Giovanni di Dio, che giunti a Roma nel 1572 e riconosciuti ufficialmente da papa Pio V con la denominazione di Fatebenefratelli, si trasferirono all’Isola Tiberina e ne perpetuarono la vocazione come luogo di guarigione e salute, inserendosi nell’evoluzione che vide la trasformazione degli ospedali, tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500, da ospizi – semplici ricoveri – a luoghi di cura. Nei secoli successivi, l’ Ospedale subì importanti lavori di ampliamento e di trasformazione. La stessa Chiesa di S. Giovanni Calibita, sorta sui resti di un tempio dedicato a Giove, fu ridotta ad un’unica navata dalle tre originarie, ancora visibili nella pianta del Bufalini del 1551, a vantaggio degli spazi ospedalieri.  

         Sala Assunta, altare

Le antiche rappresentazioni iconografiche di Roma documentano l’evoluzione architettonica del complesso ospedaliero prima e dopo  l’arrivo dei Fatebenefratelli nel 1585. In particolare, dalla pianta di G.B. Nolli del 1748 si rilevano le trasformazioni della struttura ospedaliera avvenute nella prima metà del Settecento ad opera dell’architetto Romano Carapecchia, allievo di Carlo Fontana, cui si deve oltre alla facciata della Chiesa di S. Giovanni Calibita, anche la realizzazione della Sala Assunta, prima moderna corsia ospedaliera con 50 posti letto. Con una concezione all’avanguardia per l’epoca si stabilì infatti il principio che ogni malato disponesse di un proprio letto, prevedendo anche una suddivisione dei nosocomi in reparti a seconda delle diverse patologie.  

Fulcro compositivo della nuova corsia è l’ altare con il sottostante paliotto e  un dipinto raffigurante la Vergine Assunta, incorniciato da una fastosa composizione in stucco con due monumentali angeli reggicortina, che consentiva ai malati di seguire le funzioni religiose direttamente dai propri letti. Sono oggi parzialmente visibili solo due dei sei affreschi originari di Giovanni Paolo Schor, raffiguranti episodi della vita di San Giovanni Calibita che decoravano la copertura a volta lunettata della Sala Assunta, trasformata negli anni 80 in sala convegni. In prossimità della Corsia, era situata la farmacia, la cui presenza è da ritenersi contemporanea all’insediamento dei Fatebenefratelli all’Isola Tiberina alla fine del ‘500.  

 

Nel 1865, grazie al lascito di Francesco Amici, venne realizzata un’altra moderna corsia su progetto dell’arch. Francesco Azzurri, impegnato anche nella ristrutturazione di altri nosocomi romani, come il demolito braccio nuovo dell’Ospedale di S. Spirito in Sassia e l’Ospedale psichiatrico di S. Maria della Pietà. Dal 1930 ad oggi si sono susseguiti altri importanti interventi di ampliamento e ristrutturazione dell’ Ospedale, l’ultimo dei quali nel 2009 con interventi di restauro e risanamento conservativo nonché di adeguamento normativo degli impianti. Soltanto nel 1972 l’ Ospedale assunse ufficialmente il nome di “S. Giovanni Calibita Fatebenefratelli”, dal titolo della chiesa che ne costituì il nucleo originario e vi risulta tuttora inglobata. 

 

Chiesa di S. Giovanni Calibita, C. Giaquinto, Gloria di S. Giovanni di Dio

Chiesa di S. Giovanni Calibita, “Madonna della Lampada”, lacerto di affresco,  XIII secolo 

Proprio attraverso i dipinti e gli affreschi della Chiesa di S. Giovanni Calibita eseguiti da Corrado Giacquinto, protagonista del primo Settecento romano, è possibile ripercorrere la storia dei frati ospedalieri di S. Giovanni di Dio, in un percorso che si snoda lungo la navata scandita da paraste di ordine corinzio fino a culminare nella sagrestia con la volta dipinta da Lazzaro Baldi, autore peraltro di un bozzetto dell’opera oggi conservato nella Galleria Spada (“I Fatebenefratelli assistono i malati”), nonché nella Sala Capitolare (detta Sala Verde), dove spicca peraltro una Flagellazione di Cristo realizzata dal pittore calabrese Mattia Preti durante il suo soggiorno romano. La ricchissima decorazione pittorica e plastica della Chiesa risale dunque in prevalenza agli anni ’40 del Settecento, fatta eccezione per l’affresco staccato della fine del XIII sec. raffigurante la Madonna della Lampada, memoria di una preesistente chiesa, che, riemerso senza danni, dopo la piena del Tevere del 1557, non fa che rafforzare l’aura leggendaria e miracolosa dell’Isola Tiberina. 

Il complesso ospedaliero costituisce soprattutto uno dei contesti archeologici più rilevanti per la storia della città di Roma. Una serie di campagne di scavo (1989- 1994) condotte dalla Soprintendenza speciale di Roma hanno consentito di individuare strutture riconducibili al santuario dedicato a Juppiter, – come confermato da una base marmorea con la dedica a Juppiter Optimus Maximus -, ed in particolare un’aula rettangolare in opera quadrata di tufo, in cui si conserva un pavimento a piccole tessere di mosaico bianco, con al centro un’iscrizione posta da alcuni membri della gens Servilia. La ricostruzione planimetrica di questo edificio e la sua definizione funzionale pongono tuttora qualche problema. 

 

Di certo, l’attenzione per la tutela degli Ospedali storici si è di molto accresciuta negli ultimi anni. Si pensi al progetto di restauro e adeguamento architettonico dell’antico Ospedale Grande degli Infermi  di Viterbo, attualmente condotto dal Segretariato regionale per il Lazio in qualità di Stazione appaltante, per la realizzazione della nuova sede dell’Archivio di Stato di Viterbo e della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale; o l’ex Comprensorio della Croce Rossa italiana nel centro storico di Fara in Sabina, che, vincolato nel 2016 con provvedimento di tutela della Commissione Regionale per il patrimonio culturale, è stato oggetto negli ultimi anni di tavoli tecnici di Federalismo culturale in vista di una sua adeguata valorizzazione. 

 Nel 2021, è stato peraltro sottoscritto un Accordo tra il Ministero della Cultura e la Regione Lazio per la valorizzazione e fruizione dei beni culturali degli ospedali di rilevante interesse storico, artistico e monumentale, con particolare riguardo per l’Ospedale di S. Spirito in Sassia, San Giovanni e San Gallicano. Più di recente, il 9 ottobre 2022, si è celebrata la prima Giornata Nazionale degli Ospedali Storici Italiani per conoscere questo patrimonio di immenso valore di cura e cultura.  

Non solo quindi semplici ospedali, dove si svolge l’attività sanitaria, ma veri e propri “giacimenti” culturali da tutelare e valorizzare.